domenica 26 maggio 2019

Se non scegli, vai in mano alla folla.... e la folla sceglie sempre Barabba!


"Vi dico due cose, due nemici che ha la costituzione: i due nemici sono l'indifferenza alla politica, cioè il disinteresse alla politica e il non voto.
Voi mi direte: Benigni, con questi tempi che corrono ci vieni a dire di rispettare la politica?
No, infatti. Io non vi dico di rispettarla, vi dico di amarla. Di amare la politica. E' la cosa più alta del pensiero umano per costruire la nostra vita insieme. Per organizzare la pace, la serenità e il lavoro. C'è solo la politica, non è che c'è un'altra scienza. E chi se ne occupa lo sa.
Quindi vi dico di amare la politica. Non avere interesse per la politica è come non avere interesse per la vita.
- Non mi interessa niente.
- Ma come non ti interessa la politica?
Allora vuol dire che non solo non ti interessa la tua vita. Non ti interessa nemmeno quella di tuo figlio. Se andrà a scuola, se avrà un buon insegnamento, se s'ammala se sarà curato, se si sposerà, se troverà un lavoro.
- No, non mi interessa. Fate voi.
- Fate voi? La vita di tuo figlio? La tua? Questa è la politica. Organizzare la nostra vita. La costruzione della nostra vita. Coloro che hanno scritto queste cose che noi sentiremo erano politici. Uomini di politica, che si occupavano di politica dalla mattina alla sera. E hanno scritto una cosa immensa, grandiosa, che ci salva. Queste sono le cose straordinarie. Per questo bisogna interessarsene. Mica tanto dalla mattina alla sera. Ma è la nostra vita. Disprezzare la politica è come disprezzare se stessi. E non bisogna confondere l'istituzione con chi la rappresenta in quel momento. Ci sono dei politici tremendi. Se un padre schiaffeggia un figlio dalla mattina alla sera non è la paternità orribile. La paternità è meravigliosa. E' quel padre che è orribile. Ci sono dei politici che non amiamo, ma non sono tutti uguali. Anche quelle sono frasi tremende.
Quando si dice i politici sono tutti uguali facciamo un grandissimo favore ai cattivi, ai disonesti, agli stupidi. Perché è come se non li avessimo riconosciuti. Loro ne godono.
Ah, non ci ha visti nessuno, vieni pure tu. Qui non si accorge di niente nessuno. Siamo tutti uguali. terribile. Alimentiamo questo.
Il secondo nemico della costituzione e del nostro vivere insieme ordinatamente e serenamente è il non voto. Votare, Votare. E' l'unico strumento che abbiamo. Ma per arrivare al voto ci sono volute migliaia di persone morte per non dire milioni. Per darci la possibilità di esprimere ciò che noi desideriamo. C'è sempre la differenza. Anche tra due terribili ce n'è sempre uno meno peggio. Guardate che ognuno di noi ha più potere di quel che pensa sul mondo. Ognuno di noi porta il suo contributo invisibile ma concreto verso il bene o il male. Verso il giusto o l'ingiusto. Piccolissimo ma c'è. La cosa più terribile è chiamarsi fuori. Non votare.
Voi direte, Benigni io faccio quello che mi pare.
La Costituzione è stata scritta proprio per la libertà. Ma c'è un articolo sul voto è come se dicesse: ti diamo tutte le possibilità, ma non ti tirare fuori! Anche se sbagli e voti una cosa sbagliata mi dai a me la possibilità di combatterti. Di dire guarda non sono d'accordo. E organizziamo la nostra vita. Ma se ti tiri fuori è terribile. E' terribile. E' come Ponzio Pilato. Vai in mano alla folla.
E la folla sceglie sempre Barabba. Sempre." 

Roberto Benigni, da "La più bella del mondo" (Lettura della Costituzione Italiana)




martedì 14 maggio 2019




Bella serata ieri insieme a Paolo Balduzzi, si è parlato di economia, giovani, rappresentanza ed Europa.
L'analisi ed il punto di vista competente di Paolo hanno stimolato la riflessione e alimentato una bella e partecipata discussione finale,
Riteniamo che oggigiorno le opinioni siano sempre più fondate su una non corretta interpretazione della realtà. A problemi concreti si tende a dare risposte banali.
Con queste iniziative vogliamo incoraggiare un approccio diverso, serio, fondato sull'approfondimento, sullo studio e sull'analisi delle problematiche.
Attraverso la disponibilità di persone competenti, di amici competenti come Paolo, cerchiamo di proporre momenti di formazione, in primis per chi fa attivamente politica
e poi per tutti coloro che vogliono affrontare questi temi di interesse generale.

Grazie a Paolo per aver "guidato" la serata e a tutti coloro che hanno partecipato.
Un ringraziamento doveroso ad Antonio e Claudio per il loro impegno nell'organizzare l'evento.


venerdì 10 maggio 2019




Care amiche, cari amici,

diamo seguito agli incontri avviati lo scorso Ottobre con la serata sulla "riforma della Sanità Lombarda", proponendo un incontro in cui si parlerà della condizione economica Italiana, evidenziandone criticità e debolezze con particolare attenzione alla condizione giovanile.  
Così come abbiamo anticipato nei mesi scorsi, con questo appuntamento vogliamo far partire tutta una serie di iniziative di carattere formativo  rivolte a tutti ma in particolare a coloro che si occupano attivamente di politica, che sono appassionati alla politica, con il fine di proporre un approccio serio su argomenti di interesse generale.
L'incontro sarà tenuto dal "nostro" Paolo Balduzzi, Docente di economia pubblica all’università Cattolica di Milano, membro del comitato direttivo de "Lavoce.info" ed editorialista de "Il Messaggero".  
L’intenzione è quella di avere una panoramica sulle criticità del sistema Italia in modo da avere gli spunti per approfondire i singoli temi in momenti successivi. 
Contestualmente all’avvicinarsi delle elezioni Europee del 26 Maggio, inquadreremo questi aspetti economici nell’ambito delle istituzioni Europee per capire come la partecipazione all’UE può influenzare la condizione economica dei singoli paesi, in particolare dell’Italia.

Aspettiamo tutti coloro che fossero interessati, il giorno 13 Maggio alle ore 21 presso la Sala dei Sindaci di via Manzoni.


domenica 5 maggio 2019

26 Aprile 2019 - Presentazione della lista "PD - Siamo Europei" alle elezioni Europee




[Dal sito del Partito Democratico - pubblicato il 26/4/2019] Venerdì 26 aprile, alle ore 11.30 il Segretario nazionale del Partito Democratico, Nicola Zingaretti, ha presentato i candidati della lista unitaria “Pd-Siamo Europei” alle elezioni europee del 26 maggio presso il Tempio di Adriano a Roma.

Zingaretti prima di dare la parola ai vari candidati ha introdotto la discussione dicendo: “Se è vero come è vero che la democrazia, in Italia e nella UE, è in pericolo la parola d’ordine è unità. Dobbiamo combattere uniti. Calenda è stato insultato per aver fatto l’accordo con Zingaretti e io posso dire di aver ricevuto tanti messaggi che mi dicevano “Ma che sei matto? Da Calenda a Pisapia?”. Beh, sì. Noi siamo uniti. Esattamente l’opposto dello spettacolo che sta dando il Governo in queste ore: una danza macabra che affonda il Paese“.

“La nostra lista unitaria è l’unica novità, e la sua parola d’ordine è bellissima: unità. La lista è composta da donne e uomini diversi, da esperienze civiche, da esperienze diverse, uniti da una idea di futuro. Molti ci hanno detto ‘se la democrazia e l’Europa sono in pericolo non fate scherzi combattete uniti“.

Dietro questo simbolo c’è un gruppo di persone che ama l’Italia, non come quelli che non la amano ma la usano. La parola che descrive Salvini e Di Maio è opportunismo e per questo abbiamo presentato una mozione di sfiducia così vedremo se i litigi sono veri o finti. E dal giorno dopo raccoglieremo le firme per mandarli a casa”.

“La nostra idea è quella di un’Europa delle persone, che diventi lo strumento che i cittadini hanno in mano per difendersi dalla violenza della globalizzazione”.
“L’abbiamo chiamata ‘la nostra Europa‘- ha continuato Zingaretti – quella che rimette al centro la crescita, la forza di un attore politico internazionale e la sostenibilità ambientale come nuovo modello di sviluppo”.

Chiediamo – ha aggiunto – un piano straordinario di investimenti per opere pubbliche europee. Sappiamo che è difficile, ma senza l’Europa è impossibile. Chiediamo l’indennità di disoccupazione europea, uno strumento che permetta a ciascun cittadino di non sentirsi solo. Chiediamo di mettere fine alla concorrenza sleale per le nostre imprese sulla fiscalità a livello europeo e di discutere anche l’ipotesi di un salario minimo europeo”.

Il 9 maggio è la giornata dell’Europa, e dal 9 all’11 maggio promuoveremo quattro notti bianche per l’Europa, con incontri, dibattiti, concerti, stand eno-gastronomici, iniziative in cinema e teatri, perché arrivi il nostro messaggio plurale, con la differenza tra chi ama l’Italia e chi la vuole sfruttare per i propri interessi”, ha concluso Zingaretti.


Di seguito la sintesi di alcuni interventi:

Carlo Calenda

“Io ho una storia e un carattere diverso da Zingaretti, il mio è molto peggio, ma sto con lui fino alla fine. Non possiamo dire alla mattina che la democrazia è in pericolo e dividerci alla sera su stupidaggini. Loro vincono non perché sono forti ma perché siamo deboli noi. Dobbiamo levarci la sindrome degli sconfitti. Abbiamo preso calci nel sedere per troppo tempo.
Dobbiamo riprenderci l’orgoglio e tornare a combattere. Serve stare in pressing su ogni provvedimenti del governo. È arrivato il momento di levarsi i guantoni e andare casa per casa a dire che l’Italia seria, che studia e che lavora in questo momento non ha rappresentanza. Uno spettacolo di liti sul nulla in cui l’interesse nazionale scompare.

Giuliano Pisapia

“Qui mi sento a casa. Ho sempre creduto nella necessità etica e morale oltre che politica di mettere insieme le nostre forze. Se lo abbiamo fatto è merito di Nicola Zingaretti”.
“Apriamo le finestre, alziamo ponti e guardiamo oltre il nostro orto, allarghiamo il campo a livello sociale. Dobbiamo dire la verità: l’Europa ha fatto passi avanti ma anche passi indietro, ma senza l’Europa, l’Italia non va da nessuna parte“, ha aggiunto Pisapia.

Caterina Chinnici

“Più finanziamenti per l’Erasmus e per i nostri ragazzi. Sono una mamma e vedere andare via le nostre intelligenze è un impoverimento ulteriore per il nostro territorio. Abbiamo ottenuto risultati eccellenti contro la criminalità organizzata. Ancora molto c’è da fare. Il motto dell’unione europea è uniti nelle diversità, questa è anche la nostra forza”.

Pietro Bartolo

“Per me è una nuova avventura, sono emozionato. È da 30 anni che mi occupo del fenomeno dell’emigrazione e ho cercato di farlo con dignità. L’Italia è un grande Paese non è quello che viene rappresentato oggi da chi ci governa. L’Italia non è cattiva, non respinge persone, non chiude i porti. Io mi vergogno, e dovrebbe vergognarsi anche l’Europa”.
“Sono persone che scappano dalle loro case e chiedono aiuto. E c’è qualcuno che è orgoglioso perché dice chiudiamo i porti per la salvaguardia dell’Italia. Ma da cosa ci dobbiamo salvaguardare? Gli abbiamo tolto tutto, anche la dignità” – ha aggiunto Bortolo. “Adesso mi è stata data la possibilità di fare qualcosa. Di entrare in politica, perché io credo nella politica. La bella politica che è servizio, non cialtroneria. E credo nella nostra Europa, che ci ha garantito 70 anni di pace”.

Roberto Gualtieri

La lista PD - Siamo Europei è l’unica novità politica di queste elezioni con candidati forti e autorevoli e un programma ambizioso e credibile di rilancio e di rinnovamento dell’Europa. Con Lega e 5 Stelle l’Italia è più debole e isolata e rischia di essere il vaso di coccio su tutti i principali dossier sul tavolo: dalla prossima riforma del patto di stabilità, che partirà in ottobre, all’Unione bancaria, dalla Libia all’immigrazione e al commercio internazionale”.
“Il PD sarà il perno e il motore di uno schieramento progressista ed europeista per un’Italia più forte in un’Europa più unita”.

Giovanni ‘Gianni’ Farina

“Il simbolo del Partito Democratico per le Europee è un segno di speranza in particolare rivolto ai giovani perché saranno loro la nuova Europa”.
L’unico modo per fronteggiare l’odio di un populismo becero e di un sovranismo senza sovrani è il lavoro. Solo il lavoro può dare benessere agli italiani in quella nuova Europa che sarà compito degli eletti riformare, sia a favore delle giovani generazioni che di coloro che hanno dato il loro contributo di lavoro e fatica al proprio paese ma che credono nell’unione di tutte le nazioni europee e di un modello di sviluppo europeo”.

Franco Roberti

“Non possiamo lasciare a Salvini il tema della sicurezza, è un tema nostro. La sicurezza è sicurezza sociale”.
“Il mio contributo specifico sarà quello sulla giustizia e sulla sicurezza, sul contrasto ai traffici di esseri umani, che sono un po’ trascurati. La sconfitta delle mafie deve essere non più solo un auspicio nei convegni e nei comizi, ma un obiettivo comune. Le mafie sono fenomeni transnazionali e serve un contrasto transnazionale”.

Simona Bonafé

“Oggi più che mai le europee sono elezioni fondamentali che rappresentano lo spartiacque fra chi vuole cambiare l’Europa e chi invece vuole uscirne. Abbiamo davanti 30 giorni di campagna elettorale e da qui al voto noi dobbiamo parlare dell’Europa che vogliamo, perché dal 26 maggio passa il futuro non solo del nostro Paese.
Dobbiamo smontare la demagogia di chi ha costruito la falsa idea che gli interessi dell’Italia si difendono meglio tornando agli Stati nazione, io penso esattamente il contrario che dobbiamo andare verso un’Europa più coesa e solidale, a partire dal tema dell’immigrazione: dicono prima gli italiani e poi bocciano la riforma del Trattato di Dublino che prevedeva la ripartizione obbligatoria dei migranti fra Stati membri“.


Presentazione candidati - parte 1

Presentazione candidati - parte2






domenica 28 aprile 2019

“Capire la cattedrale del nostro tempo”, editoriale pubblicato su Il Foglio del 17 aprile 2019



La ricostruzione di Notre-Dame ci ricorda chi siamo e chi vogliamo essere. Difficile non piangere davanti a Notre Dame che brucia. I cinici direbbero che sono lacrime inutili: le lacrime non spengono gli incendi, non servono. Eppure sono lacrime preziose perché ci dicono chi siamo davvero.
Nella storia dell’Umanesimo, la costruzione di una cattedrale è il momento in cui un insieme sgangherato di donne e uomini diventa popolo. Smette di essere, semplicemente, la gente: diventa comunità. L’Europa medievale deve molto alle scelte di chi costruisce le cattedrali. Perché, sì, la cattedrale è il luogo della preghiera, dell’incontro con Dio. Ma è anche il luogo dell`incontro del popolo. Vi si sperimentano soluzioni tecniche ardite, innovative. Qui si sfida il tempo: chi inizia la costruzione non ne vedrà la fine, in una staffetta generazionale di dedizione, arte, passione, tenacia. Ma anche se sa che non sarà presente il giorno dell’inaugurazione, posa comunque la propria pietra.
Notre-Dame può diventare un sogno per i costruttori di cattedrali del futuro perché posando quella pietra contribuisce al proprio essere cittadino. Riconosce, in quel gesto, l’appartenenza a qualcosa di più grande di lui. Quanto avremmo bisogno ancora oggi di appartenenza in un mondo in cui sembra trionfare l’apparenza. Una vita fa, quando la mia attività principale era fare il caposcout oltre che lo studente di Giurisprudenza, avevo un’autentica passione per i costruttori di cattedrali. Ne scrivevo, assieme ad amici, sui giornali scout. Leggevamo il Paul Claudel dell’Annuncio a Maria colpiti dal dialogo tra Pietro di Craon (“Non alla pietra tocca fissare il suo posto, ma al Maestro dell’Opera che l`ha scelta”) e Violaine (“Siate uomo, Pietro. Siate degno della fiamma che vi consuma. E se bisogna essere divorati, sia ciò su un candelabro d’oro come il Cero Pasquale in mezzo al coro per la gloria di tutta la Chiesa”). Leggevamo il Mario Luzi dell`Opus Florentinum in cui si narra la costruzione di Santa Maria del Fiore (“Crescerà certo in altezza questo tempio, sovrasterà le care antiche chiese della nostra cinta ma a farlo grande sarà la nostra fede e non la sua misura, la pietà tenace e forte della gente fiorentina”).
Sognavamo i passi verso la cattedrale di Chartres di Guy de la Rigaudie, il rover leggendario, e naturalmente di Charles Péguy magnificamente ricordati ieri sul Foglio da Maurizio Crippa: “Ecco il luogo del mondo dove tutto diviene facile”.
Da lunedì sera non penso che a Notre Dame. La cattedrale che è il simbolo di Parigi almeno quanto il Louvre e la Torre Eiffel. La cattedrale che ha affascinato generazioni intere di cittadini del mondo, la cattedrale di cui non ha potuto fare a meno Napoleone, la cattedrale delle preghiere e dei romanzi. In molti hanno scritto che l`immagine della guglia che crolla, del fumo che divampa ovunque, delle fiamme che bruciano in mezzo a Parigi sono il segno della disfatta dell`Europa. Terribile presagio di ciò che attende la Francia e l`intero Vecchio continente. Non sono d’accordo. Penso che sia vero il contrario. Il dolore è immenso, certo. Ma questo è il momento da cogliere. Adesso è il tempo di vivere. Di costruire. Di ricostruire.
Ricostruire Notre Dame è la grande occasione per i costruttori di cattedrali del XXI secolo. Ricostituire il cristianesimo in Francia, mai in crisi come in questo periodo nella terra di Giovanna d’Arco e di Maritain, del curato d’Ars di Bernanos e di Mounier. Ricostituire l`identità francese impaurita e dilaniata dalle tensioni non solo nelle banlieue. Ricostituire la cattedrale come simbolo di un popolo europeo che non si accontenti di essere solo gente, che non si faccia terrorizzare dagli estremisti e dai sovranisti.
E’ vero, i cinici non sbagliano: le lacrime sono troppo deboli per spegnere un incendio. Ma le lacrime ci ricordano che siamo ancora capaci di emozionarci per qualcosa che non è nostro, eppure ci appartiene. Ci ricordano che nel tempo dei robot e dell`intelligenza artificiale noi siamo i valori che difendiamo, la cultura che esprimiamo, la bellezza che ammiriamo. Parigi, la Francia, l`Europa ricostruiranno Notre Dame. In questi casi si finisce con la frase a effetto: e sarà più bella di prima. No, non è vero. Non sarà più bella di prima. Ma sarà la Cattedrale di cui ha bisogno il nostro tempo. La bellezza che servirà a ricostruire questa cattedrale non sarà solo la qualità artistica o l’ingegno tecnico: sarà la bellezza che serve ai cittadini del XXI secolo per essere pionieri, curiosi, tenaci. Sarà la bellezza che serve perché noi cittadini del XXI secolo possiamo essere donne e uomini e non cibo per algoritmi. C’è da ricostruire una cattedrale: dopo il dolore delle fiamme, questa è un’occasione da non sprecare. Per ricordarci chi siamo e chi vogliamo essere.

Matteo Renzi

7 Aprile 2019: un anno di Harambee



"C'è un altro tempo, il kairos, che è il tempo opportuno, la tua possibilità. quel tempo che può significare qualcosa di invisibile ai più: una storia che prende corpo, una vita che nasce, una rivoluzione mentre ancora per tutti è tempo di inerzia", grazie


Matteo Richetti per la bellissima giornata del 7/4/2019 

venerdì 26 aprile 2019

25 Aprile 1945-2019: la Resistenza rappresenta le radici della nostra democrazia



Anche il 25 aprile è entrato nella campagna elettorale. Da un lato Salvini che cerca di intercettare i voti della destra e di quanti pensano che ormai, a tanti anni di distanza, non sia più il caso di parlarne, e dall’altro Di Maio che, per mera contrapposizione, cerca di denunciare il pericolo di negazionismo. Entrambi però sfuggono dal cuore del problema che è quello di fare memoria delle radici della nostra democrazia.

Purtroppo nell’ingolfamento dei giorni in cui si fa memoria di qualche evento straordinario, questa data rischia di essere derubricata mentre  ha una sua specifica portata genetica che dovrebbe continuare ad essere valorizzata: da quel giorno nascono infatti un regime di libertà, la democrazia, il percorso che porterà alla Costituzione.  Sicché potremmo definire il 25 aprile come la festa della liberazione (dal fascismo e dall’occupante nazista); la festa dell’indipendenza nazionale; la festa della sovranità del popolo; la festa dell’unità nazionale; la festa della libertà; la festa della solidarietà; la festa della democrazia; la festa della pace; la festa del recuperato prestigio e onore italiano davanti agli occhi del mondo.

Dovremmo ricordare che la nascita formale della Repubblica, come sappiamo, attraverso il referendum celebrato, regnante ancora Umberto II, fu salutata dalla stampa internazionale come un grande esempio di civiltà del nostro paese, e fu il primo riconoscimento positivo dopo l’umiliazione subita dalle tragiche avventure scatenate dal fascismo. E quando ci sarà il difficile rientro nel consesso internazionale il 10 agosto 1946, nella Conferenza della Pace di Parigi, all’Italia fu consentito di esprimere il proprio parere, pur nel clima ostile che aveva preparato un trattato di pace per noi particolarmente duro.

Il presidente del Consiglio Alcide De Gasperi presentò come credenziali della nuova Italia l’unità delle forze antifasciste, con parole che vale la pena ancora oggi rileggere: “Signori, è vero, ho il dovere dinnanzi alla coscienza del mio paese, e per difendere la vitalità del mio popolo, di parlare come italiano, ma sento la responsabilità e il diritto di parlare anche come democratico e antifascista, come rappresentante della nuova Repubblica che, armonizzando in se le aspirazioni umanitarie di Giuseppe Mazzini, le concezioni universalistiche del cristianesimo e le speranze internazionaliste dei lavoratori, è tutta rivolta verso quella pace duratura e ricostruttiva che voi cercate e verso quella cooperazione fra i popoli che avete il compito di stabilire… Il rovesciamento del regime fascista non fu possibile che in seguito agli avvenimenti militari, ma il rivolgimento non sarebbe stato così profondo se non fosse stato preceduto dalla lunga cospirazione dei patrioti che in patria e fuori agirono a prezzo di immensi sacrifici, senza l’intervento degli scioperi politici nelle industrie del nord, senza l’abile azione clandestina degli uomini dell’opposizione parlamentare antifascista… Le perdite nella resistenza contro i tedeschi furono di oltre centomila uomini fra morti e dispersi, senza contare i militari e i civili vittime dei nazisti nei campi di sterminio, e i cinquantamila patrioti morti nella guerra partigiana”.

Questa lunga citazione per dire che la Resistenza non solo è stata decisiva nel concorso con le iniziative belliche degli Alleati per la liberazione dell’Italia, ma ha rappresentato la sola carta, la vera carta a nostra disposizione nel complesso gioco internazionale del dopoguerra.

Ma la Resistenza ha rappresentato anche la vera struttura “ideologica” che ha alimentato e orientato il dibattito costituente: la nostra Carta non sarebbe stata tale se il suo spirito, il suo respiro, la sua presbiopia politica, il suo sostrato valoriale non le fossero state “consegnate” dalla lotta di liberazione. Basti pensare all’ossatura dei “Principi fondamentali”. Mi piace evocare, a questo proposito, solo alcune battute di un dialogo fra due padri costituenti. A Piero Calamandrei che lamentava come la Costituzione risultasse “una rivoluzione promessa in cambio di una rivoluzione mancata”, Palmiro Togliatti rispondeva con la citazione raffinata dei versi di Dante: “Tu sei come colui che va di notte/e porta il lume dietro e a sé non giova/ma quei che segue fa persone dotte”.

Non c’è il tempo (e forse non è neppure l’occasione) per soffermarci ulteriormente sul testo costituzionale e rapportarlo allo spirito della Resistenza per individuarne le strettissime connessioni.

Sta di fatto che settantaquattro anni dopo quel “25 Aprile” sappiamo quanto le cose siano cambiate. In Italia e nel mondo. Chi governa il nostro paese oggi – se va bene – è indifferente rispetto allo spirito vitale (oggi si dovrebbe parlare di generatività culturale e politica) di quel grumo di anni – dal 1943 al 1948 – che ha conformato la nostra democrazia. Indifferenza che si estende ovviamente ai contenuti della Costituzione. Ma ciò che è cambiato è il contesto storico.

Il crollo del Muro, la globalizzazione finanziaria, la rivoluzione digitale, i cambiamenti climatici, la crisi demografica e i flussi migratori, la crescente richiesta di protezione indotta da campagne mediatiche che creano e alimentano allarmi sociali spesso infondati, stanno mettendo in discussione alleanze e equilibri internazionali in modo imprevisto e, contemporaneamente, mettono in discussione le stesse nozioni di sovranità e rappresentanza.

Non c’è dubbio che tali questioni trascendono i confini nazionali. Abbiamo già visto che a partire dagli USA di Trump e dal Brasile di Bolsonaro, anche in molti paesi europei il populismo è il serraglio in cui si rifugiano umori, rabbie e paure, nell’illusione di potersi difendere meglio dai grandi processi storici in atto.

E’ evidente che un partito democratico e riformista come il PD non può inseguire le destre, ma vi sono alcuni temi, come la crisi della rappresentanza che non possono essere elusi. Non so in che modo e in quali tempi, ma è prevedibile che si debbano rivedere le forme della partecipazione e, dunque, della rappresentanza.  Soprattutto le generazioni nuove, native digitali come si dice, chiedono modalità di coinvolgimento diretto che necessariamente dovranno essere inventate. L’importante è che si proceda con lo spirito dei padri costituenti, che furono guidati dall’ambizione di pensare modelli di valenza transtemporale. Non ci bastava la divisione dei poteri pensata da Montesquieu – diceva Dossetti – volevamo aumentare la quantità  di democrazia, cioè di partecipazione, per poterne distribuire sempre di più. L’ambizione di pensare il futuro e la volontà di farlo condividere, sono condizioni che dovrebbero guidarci anche oggi. Fermo restando che, come dicevano i costituzionalisti classici, la Costituzione è quella Legge che i popoli si danno nei momenti di maggiore saggezza per difendersi dai momenti di maggiore dissennatezza. Finora ha funzionato.

Per essere sicuri che funzioni anche in futuro occorre che la classe dirigente che assumerà la sfida del rinnovamento abbia lo stesso coraggio, la stessa fortezza e la stessa sapienza storica dei nostri padri.

Pierluigi Castagnetti   (Da Democratica del 24/4/2019)

giovedì 25 aprile 2019

25 Aprile 2019: Festa di Liberazione



Chi usa la nostra liberazione per cercare qualche voto in più da ambienti nostalgici o da nuovi militanti di destre in costruzione ha la memoria corta, la vista offuscata da strategie di corto respiro e poco futuro.

Noi siamo pronti a celebrare con tutti i democratici un passaggio chiave della nostra storia, del vissuto comune di generazioni d’italiani. Lo facciamo con convinzione, gratitudine per chi non c’è più e speranza per chi non ha conosciuto pagine di un passato lontano.

Si discute del 25 aprile e delle sue eredità per mettere in discussione l’origine del nostro dopoguerra, le radici della Costituzione, il sigillo di nascita dell’Italia Repubblicana.

Chi punta a lacerare il tessuto di una comunità nazionale lo fa per calcoli di bottega alla ricerca di consensi in una perenne campagna elettorale. Ma le radici della Repubblica sono solide, quella festa è al tempo stesso la chiusura di una fase e l’inizio di una nuova storia. La fine del fascismo e delle sue guerre e l’avvio della costruzione di una inedita architettura politico-istituzionale.

La stagione della Resistenza non si esaurisce nel biennio 1943-1945, la sua carica costruttiva si spinge più avanti incontrando così le ragioni e le fatiche di una democrazia in formazione.

Sarebbe davvero triste dover ulteriormente assistere al balletto delle presenze alle celebrazioni ufficiali: chi prende le distanze, chi è in dubbio sulla partecipazione e chi invece sottolinea la centralità istituzionale di un tornante fondativo.

Ma se le parole giungono da chi ricopre alte cariche istituzionali, da chi rappresenta lo Stato nelle sua funzioni più impegnative e rappresentative allora tali parole sono pericolose, cariche di ambiguità e terribili contraddizioni.

Talvolta le parole sono pietre, segnano il cammino orientando comportamenti, riferimenti ideali, stili di vita.

Non possiamo né dobbiamo girarci dall’altra parte. Mentre festeggiamo la liberazione dal nazifascismo prendiamo le distanze da chi vorrebbe ridurre il significato di una svolta sofferta e decisiva, la premessa alla costruzione delle tappe di un lungo dopoguerra.

Del resto le radici e le ragioni della sinistra non sono separabili dagli esiti della guerra mondiale, dalle eredità della dittatura, dalla consapevole realizzazione di un perimetro comune, condiviso e inclusivo. Ecco il punto dirimente che ci riguarda a oltre settant’anni di distanza dalla liberazione di Milano e dallo straordinario comizio tenuto da Sandro Pertini in piazza Duomo.

Quella liberazione ha permesso a tutti (vincitori e vinti, fascisti e antifascisti) di trovare uno spazio, un ruolo e una funzione nella nuova Italia in costruzione.

Un’apertura di credito e di fiducia nelle italiane e negli italiani, in uno spirito costituente che senza cancellare differenze e scelte individuali traccia una rotta, un senso di marcia che interroga il destino di chi si mette in cammino. Altro che equiparazioni inaccettabili!

Una cosa è la pietas per chi ha perso la vita, per le tante biografie giovani spezzate dalle logiche della guerra civile, altro è mettere sullo stesso piano resistenti e repubblichini, chi sta con la libertà e la democrazia e chi si batte a favore del nuovo ordine hitleriano.

Sarebbe sufficiente richiamare il dialogo che attraversa le pagine de “Il sentiero dei nidi di ragno” di Italo Calvino tra il partigiano Kim e Ferriera componente del suo gruppo. Perché ci sono giovani che con tanto ardore combattono sul versante opposto? «Lo spirito dei nostri e quello della brigata nera la stessa cosa?».

Kim non sfugge la complessità del quesito: «La stessa cosa, intendi cosa voglio dire, […] la stessa cosa ma tutto il contrario. Perché qui si è nel giusto, là
nello sbagliato. Qua si risolve qualcosa, là ci si ribadisce la catena. […] Ma allora c’è la storia. C’è che noi, nella storia, siamo dalla parte del riscatto, loro dall’altra.

Da noi, niente va perduto, nessun gesto, nessuno sparo, pur uguale al loro, m’intendi? Uguale al loro, va perduto, tutto servirà se non a liberare noi a liberare i nostri figli, a costituire un’umanità senza più rabbia, serena, in cui si possa non essere cattivi».

Questa storia è ancora la nostra sfida in una giornata di festa.

Buon 25 aprile!

Nicola Zingaretti
Segretario del Partito Democratico

domenica 24 marzo 2019

28/03/2019: Siamo Europei - Incontro con Carlo Calenda

Il prossimo giovedì 28 Marzo, Carlo Calenda presenterà a Varese il suo manifesto "Siamo Europei",aperto a tutte le forze civiche ed Europeiste, a cui ha aderito anche il Partito Democratico.
L'obiettivo non è quello di conservare le istituzioni Europee così come si presentano attualmente ma di riformarle profondamente.
Non potrà esserci veramente un Europa unita se non si creano le condizioni affinché l'unione Europea abbia politiche comuni in termini di "stato sociale", lavoro, difesa, sicurezza,  controllo delle frontiere, immigrazione, politica estera.
Il manifesto "Siamo Europei", che è possibile scaricare dal sito https://www.siamoeuropei.it/ sia in sintesi che nella forma estesa , è un vero e proprio programma che va in questa direzione.
Come in ogni vera proposta di "centrosinistra" al centro ci sono scuola, educazione e sviluppo delle competenze. 
"Non esiste un’equa distribuzione della ricchezza senza un’equa distribuzione della conoscenza. Va quindi combattuto senza quartiere l’analfabetismo funzionale, che sta minando le democrazie persino più delle diseguaglianze economiche, destinando una quota più rilevante, dei fondi strutturali all'istruzione, alla formazione e alla cultura".
Si tratta di un approccio serio, alternativo alla politica dei populismi che invece si caratterizzano per banalizzare e semplificare le soluzioni a problematiche complesse ed articolate. 
Inoltre, il Manifesto vuole essere una risposta anche a quei governi che si ritrovano nel cosiddetto gruppo di "Visegrad", a cui una parte importante del governo Italiano strizza l’occhio, che sfruttano benefici e finanziamenti derivanti dalla partecipazione all'Unione ma che si rifiutano di assumersi responsabilità comuni, allontanandosi sempre di più dai valori Europei. 
Per quanto riguarda invece i fondi strutturali Europei, si tratta di investimenti destinati alla politica di coesione dell’Unione europea ed hanno lo scopo di favorire sia la crescita economica e occupazionale degli stati membri, sia la cooperazione territoriale europea (http://www.miur.gov.it/documents/20182/884386/Cosa_sono_Fondi_Strutturali.pdf/354b3476-1d9b-4d36-bef8-8f7dcf38e6b6).



martedì 5 marzo 2019

Primarie PD: affluenza oltre le aspettative e Zingaretti nuovo segretario

Care amiche, cari amici,

a dispetto dei timori della vigilia, la grande partecipazione alle primarie di ieri ha dimostrato che il Partito Democratico è ancora vivo e che sono in crescita la voglia di rivalsa e le aspettative di coloro che si sono recati ai seggi.
Lo scrutinio ha decretato la netta affermazione di Nicola Zingaretti che da ieri sera è il nuovo segretario e a cui è doveroso augurare un buon lavoro.
Per quanto riguarda il nostro circolo di via Dante, ieri hanno votato 163 persone tra cittadini di Origgio e di Uboldo, con un risultato che ha rispecchiato i valori ottenuti a livello nazionale: Nicola Zingaretti 59% (96 voti), Maurizio Martina 24% (39 voti) e Roberto Giachetti 17% (28 voti).

Un grazie a tutti coloro che hanno partecipato col proprio voto e ai militanti che si sono impegnati per l'organizzazione di questo evento.


Marco Chiari
Segretario del Circolo PD di Origgio                              




sabato 2 marzo 2019

2 Marzo 2019 - Milano - People: prima le persone

Oggi a Milano la manifestazione contro il razzismo "People - Prima le persone". All'iniziativa hanno partecipato  secondo le stima circa 200 mila persone.  Un vero e proprio serpentone di gente ha riempito le strade del centro della città da Porta Venezia a Piazza del Duomo. Oltre ad associazioni (1200), sindacati e partiti, erano presenti in corteo rappresentanze di Comuni con bande musicali e tantissime persone. 

"Mi riempie di gioia vedere migliaia di donne, uomini e bambini scendere in piazza per dire no alle discriminazioni, al razzismo e alle vergognose politiche di questo governo. Prima le persone!"

Samuele Astuti (Partito Democratico)



Primarie PD: la parola alla Democrazia

Care amiche, cari amici,

Domenica 3 marzo c’è un appuntamento importante: quello con la democrazia. Siamo tutti invitati a partecipare alle primarie del Partito Democratico per scegliere il nuovo segretario.
Per votare è necessario aver compiuto 16 anni, essere cittadini Italiani, cittadini dell'UE oppure di altri paesi ma con residenza in Italia.
Basta andare al proprio seggio dalle 8,00 alle 20,00 con documento d'identità, tessera elettorale e barrare una sola lista collegata al candidato prescelto.
Ad Origgio si potrà votare nel nostro Circolo di via Dante 105 dalle 8:00 alle 12:30 e dalle 14:30 alle 20:00.

Perché votare per un partito che alle scorse elezioni ha ricevuto il 18% perdendo molti consensi rispetto a quelle precedenti e che nel corso degli anni ha perso la fiducia di molti sostenitori?

E’ vero, il Partito Democratico è in difficoltà, addirittura possiamo dire che è malato e che lunedì 4 Marzo non avrà certamente risolto tutti i propri problemi e le proprie controindicazioni.
Ma è vivo!!!
Noi di centro-sinistra siamo gli unici che fisicamente selezioniamo la classe dirigente uscendo di casa per andare a votare; alle convenzioni territoriali, tenutesi per eleggere i delegati all'assemblea Nazionale, si sono mobilitati 190.000 iscritti e molti di più saranno i sostenitori che lo faranno per le primarie aperte di domani.
Nessun altro movimento politico può dire di raggiungere risultati simili: Luigi Di Maio è stato investito della carica di candidato premier da 37.000 “click” nel corso delle consultazioni online, mentre le primarie di Salvini hanno mobilitato circa 15.000 persone. Altri numeri!!! La realtà è un po’ diversa da quella che si vuole far credere!
In queste settimane uomini, donne, giovani e meno giovani hanno messo passione, entusiasmo, sacrificio per sostenere  i comitati a supporto delle tre mozioni; molte sono ancora le persone che quotidianamente si impegnano perché credono ancora che il Partito Democratico, insieme alle altre forze civiche e di centro-sinistra possa costituire un’alternativa ai tanti che pensano che per rispondere a problemi  articolati e complessi si possano utilizzare soluzioni semplici e banali, tra l’altro con i risultati che abbiamo davanti agli occhi e con previsioni preoccupanti sia per l’economia che per la tenuta sociale.

Quella di domani non è una gara fine a se stessa che interessa i soli militanti ma è un’opportunità per tutti coloro che ritengono che sia necessaria un’alternativa.

In queste primarie, tutti e tre i candidati, seppur con le differenze che li caratterizzano, hanno fatto proposte che in linea di massima si pongono in continuità con le politiche degli ultimi anni al fine di completarle e migliorarle dove necessario. La novità assoluta non è tanto nelle misure che verranno messe in campo, ma è quella che ognuno di loro ha compreso, chi più chi meno, che è necessario invertire la rotta nei modi di gestire le relazioni all'interno e all'esterno del partito e che non è sufficiente fare una politica per gli Italiani ma che serve farla con gli Italiani.

E’ indispensabile però che anche gli Italiani si mettano a disposizione. Ognuno di noi è responsabile di una piccola parte del lungo percorso che ci condurrà ad un reale rinnovamento.
Come ho già avuto modo di esprimere in altre occasioni, penso che se noi non occuperemo i nostri spazi, qualcun altro lo farà per noi con risultati che potrebbero essere non solo negativi ma disastrosi.
Per questi motivi domani è auspicabile una buona partecipazione e nella speranza di vedervi numerosi e avere la possibilità di conoscerci di persona vi auguro buone primarie,

Marco Chiari
Segretario del Circolo PD di Origgio


Riporto inoltre le dichiarazioni fatte da Walter Veltroni e Matteo Renzi sulla partecipazione alle primarie e vi giro il link del nostro sito dove poter leggere gli appelli dei tre candidati

"Sarebbe sbagliato non comprendere la delusione e la stanchezza di un popolo, quello di centrosinistra, provato dalle divisioni, dai litigi intestini, dalle scissioni di questi anni. Ma basta guardarsi intorno, in Italia e nel mondo, per convincersi che non è certo il tempo per l’indifferenza o la rinuncia. E' tempo di dare un segno, tutti insieme, che la democrazia è viva. Che un partito è, prima di tutto, del suo popolo. Spero che, domenica, in tanti votino. E che il Pd riprenda, unito, il suo cammino” (Walter Veltroni).

"Domani si vota per le primarie del PD. Auguri ai tre candidati: Martina, Zingaretti, Giachetti. Mi fa piacere che tutti e tre abbiano escluso accordi coi Cinque Stelle e ritorni al passato. Chiunque vinca non dovrà temere da parte mia alcuna guerriglia come quella che io ho subito. Alcuni media dicono che si deve andare a votare "contro Renzi". Io penso che sia il riflesso condizionato di chi a sinistra combatte da sempre il Matteo sbagliato. Le primarie del PD sono per l’Italia; al massimo sono contro Salvini e Di Maio. Ok, anche se votasse meno gente dell’altra volta non significa nulla: il PD è l’unica forza politica che si affida alla democrazia, altro che piattaforma Rousseau. Grazie ai volontari dei gazebo!!" (Matteo Renzi)

giovedì 28 febbraio 2019

3 MARZO 2019: Primarie del Partito Democratico


Domenica 3 marzo hai un appuntamento importante: quello con la democrazia. Partecipa alle primarie e scegli tu il nuovo segretario del Partito Democratico.
Possono votare tutti i cittadini Italiani maggiori di 16 anni, i cittadini dell'UE e di altri paesi residenti in Italia.
Basta andare al proprio seggio tra le 8,00 alle 20,00 con documento d'identità e tessera elettorale e barrare una sola lista collegata al candidato prescelto.

Di seguito gli appelli dei 3 candidati:

APPELLO DI MAURIZIO MARTINA

Care Democratiche, cari Democratici,
mancano ormai poche ore alle Primarie di domenica 3 marzo. Un appuntamento importante che, personalmente, mi emoziona ogni volta perché rappresenta la volontà del nostro popolo di scegliere, discutere, incontrarsi.

Un esercizio fondamentale di democrazia e passione che la comunicazione aggressiva, negativa, cattiva di Lega e 5 Stelle, non riesce ad intaccare.

Noi siamo quelli che hanno voglia di fare fatica, di servire il proprio Paese e non il proprio capo, di guardarci negli occhi. Tutto questo non può essere sostituito da una felpa, un selfie o una presunta votazione via internet.

Il nostro compito, in questa fase così difficile, è proprio quella di produrre un'importante azione culturale, forse prima ancora che politica, capace di riannodare i fili sociali del nostro Paese. L'individualismo assunto a modello, l'odio, la diffidenza, il rancore, producono i disastri, sociali e politici, che il Governo Salvini – 5 Stelle sta facendo.

Per fermarli serve un Partito forte, solidale, autorevole nel quale ciascuno di noi si possa sentire a casa propria partendo dalla giusta rivendicazione delle cose fatte dai nostri Governi senza perdere l'inquietudine per quello che non siamo riusciti a fare, a spiegare o a migliorare.

Nei mesi da Segretario e negli anni da Ministro ho confermato la mia idea che soltanto lavorando insieme - con fiducia reciproca, senza personalismi, con il rispetto di tutti, con la chiarezza che non si più tornare indietro o confonderci con chi, come i 5 Stelle, rappresentano uno dei problemi del Paese – è possibile raggiungere quei traguardi dei quali il Paese ha bisogno.

Cari Democratici, buone Primarie a tutti noi.
Maurizio Martina

APPELLO DI NICOLA ZINGARETTI

Il 3 marzo saranno primarie per l'Italia. Anzitutto, una grande giornata di mobilitazione popolare, per ridare una speranza a un Paese oggi ostaggio dell'odio, del rancore e dell'incapacità. Solo un nuovo Partito Democratico e un centrosinistra diverso potranno garantire all'Italia il futuro che merita. Il 3 marzo dobbiamo superare le divisioni e ritrovare l'entusiasmo con cui siamo nati. Possiamo farlo insieme. L'Italia ha bisogno di un nuovo Partito Democratico.

Ogni giorno emerge con sempre più forza il fallimento del governo gialloverde. Il Paese è in emergenza: manca la fiducia, l'industria soffre; il lavoro continua a essere poco, si perde o, quando c'è, troppo spesso assomiglia a sfruttamento; le nuove opere sono bloccate.

Viviamo anche un'emergenza civile e democratica. Stanno trasformando l'Italia in un Paese più cattivo e meno sicuro: crescono gli episodi di razzismo, aumenta la violenza fisica e verbale contro le persone più fragili, crescono le brutalità machiste contro le donne.

Il rischio è che ora Salvini e Di Maio si buttino all'attacco delle Istituzioni democratiche, per nascondere i loro disastri. Non possiamo permetterlo. Dobbiamo essere forti e uniti.

Noi siamo l'Italia che vuole costruire un futuro di giustizia sociale. Siamo l'Italia che marcia insieme a migliaia di giovani che si battono per lo sviluppo sostenibile e salvare il futuro del pianeta.

Per essere all'altezza di sfide così grandi dobbiamo voltare pagina. Nel nostro Paese esistono energie vive per costruire una nuova alleanza: il centrosinistra delle persone.

Il 3 marzo è un'occasione da non perdere.
Domenica 3 marzo votiamo per dare una speranza e un futuro all'Italia democratica.
Nicola Zingaretti

APPELLO DI ROBERTO GIACHETTI

C'è chi pensa che quello che abbiamo fatto al governo del paese con Matteo Renzi sia da cancellare, comprese le riforme preziose per il nostro Paese;
c'è chi pensa che noi dobbiamo avere nostalgia di un centrosinistra che c'era prima del PD; che dobbiamo costruire una nuova Unione con 11-12 sigle di partitini che litigano su tutto e sono incapaci di governare che possono vincere un'elezione ma non possono governare.

C'è chi pensa che dobbiamo avere nostalgia di D'Alema e Speranza;
c'è chi pensa che i populisti si battano alleandosi con loro, con i protagonisti del governo più di destra e pericoloso della storia della Repubblica.

C'è chi pensa sostanzialmente che le soluzioni dei nostri problemi siano nel passato remoto e vuole addirittura cancellare il Partito Democratico perché quando si parla di cambiare nome, simbolo, quando si vogliono cancellare le primarie, la vocazione maggioritaria, quando si vuole cancellare la coincidenza fra segretario e candidato premier significa che in realtà si vuole cancellare il PD.

Invece c'è chi crede che le soluzioni ai nostri problemi siano nel proseguire, nel rendere più forte e più attuale l'azione di cambiamento che ha avviato Matteo Renzi e nel futuro che possiamo costruire. Per questo venite a votare domenica, perché fra chi sceglie con i click e i fake di Casaleggio e chi comanda come un padrone come Salvini, noi dobbiamo avere l'orgoglio di una comunità che fa scegliere ai propri elettori. Il 3 Marzo ai gazebo per non tornare indietro, ma per andare #SempreAvanti

Roberto Giachetti e Anna Ascani

domenica 24 febbraio 2019

25 Febbraio 2019 – PD SARONNO - Incontro sul tema: “SIAMO IN RECESSIONE”

Lunedì 25 Febbraio il circolo del Partito Democratico di Saronno organizzerà un incontro pubblico per parlare di politica economica ed in particolare degli effetti della legge di bilancio 2019 e del "Decretone".
Per chi volesse partecipare, l'evento si terrà a Saronno in villa Gianetti (sala del Bovindo) alle ore 21.


domenica 10 febbraio 2019

10 Febbraio 2019: Giorno del ricordo per le vittime delle foibe



"Le Foibe e l’esodo di 350.000 italiani sono una pagina tragica della storia italiana per troppo tempo negata. Con l’indizione del 10 febbraio Giornata del Ricordo, il Parlamento italiano ha restituito a quella tragedia il posto che le spetta nella storia del Paese, rendendo onore alle vittime delle foibe e alle centinaia di migliaia di donne e uomini scacciati dalle loro case e strappati dalle loro radici per il solo fatto di essere italiani. Episodi di violenza compiuti dall'occupazione italiana della Jugoslavia non possono essere invocati per giustificare quella che alla fine della seconda guerra mondiale fu una vera e violenta pulizia etnica contro le comunità italiane di Istria, Dalmazia e Quarnaro. 
Chi crede nei valori di pace, libertà, democrazia, dignità umana non può avere dubbi nel riconoscere la tragedia delle foibe e rendere onore alle sue vittime"

Pietro Fassino



Perchè il Giorno del ricordo si celebra il 10 Febbraio

venerdì 1 febbraio 2019

Decreto Sicurezza: uno strumento di propaganda alla ricerca di consenso elettorale




Il ddl sulla sicurezza, chiamato anche "decreto Salvini" è stato fortemente criticato dal Partito Democratico sia per l’impostazione che per i contenuti.

Innanzitutto sovrappone in modo scontato e automatico il tema della sicurezza e quello dell'immigrazione affrontando quest'ultimo argomento solamente in modo propagandistico, giudicando l’immigrato solo per la sua condizione e non per i suoi comportamenti e cavalcando la rabbia e la paura di molti italiani anche in assenza di quell'emergenza che potrebbe giustificare misure straordinarie. Se poi si entra nel merito delle misure contenute nel decreto, queste appaiono non solo inefficaci ma addirittura controproducenti per gli effetti che determineranno. Si mira a distruggere un sistema che certo può essere migliorato ma che ha dimostrato di poter funzionare senza prevedere un’alternativa e per giunta senza prevedere risorse adeguate per favorire i rimpatri.

Entrando nel merito del testo, l'abolizione dell'istituto della protezione umanitaria è il provvedimento più importante del decreto. Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nella lettera al presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, contestualmente all'emanazione del decreto legge su migranti e sicurezza, ha richiamato l'articolo 10 della Costituzione nel quale si  afferma che "l'ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute. La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali. Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d'asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge. Non è ammessa l'estradizione dello straniero per reati politici". L’istituto della protezione umanitaria, che si aggiunge alla protezione internazionale, riconosciuta in tutta l'unione Europea, nelle due forme dello status di rifugiato e dello status di protezione sussidiaria, è stato introdotto per dare piena attuazione all'articolo 10 della nostra Costituzione, e all'articolo 33 della Convenzione di Ginevra, che ha consolidato il divieto di espellere o respingere "in qualsiasi modo,  un rifugiato verso i confini di territori in cui la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate".
Con il "decreto Salvini" questo tipo di permesso di soggiorno non potrà più essere concesso dalle questure e dalle commissioni territoriali e sarà "sostituito"  da un permesso di soggiorno per alcuni "casi speciali", cioè per alcune categorie di persone e in caso di "atti di particolare valore civile".
Tra questi casi non rientrano i minori non accompagnati che, una volta usciti dal sistema di protezione dello Stato e senza una famiglia che li sostenga, rischieranno di trovarsi privi di qualsiasi forma di protezione e in condizione di particolare vulnerabilità. Aver reso più difficoltoso il rilascio dei permessi significa che molti stranieri si troveranno in una situazione di soggiorno irregolare.

Arriviamo quindi al paradosso di un decreto che è stato presentato come uno strumento con cui combattere l’illegalità ma che invece produrrà illegalità e di conseguenza insicurezza sia reale che percepita.

Se ad una persona si da la prospettiva di un percorso di integrazione che prevede la possibilità di un permesso di soggiorno, di poter trovare un lavoro, di avere una residenza, di poter accedere a tutti i servizi offerti ai cittadini Italiani, allora la persona sarà stimolata e avrà tutto l’interesse ad una condotta di un certo tipo. Se invece la si emargina, facendola diventare irregolare, sarà indotta ad avvicinarsi ad attività illegali.

Un altro provvedimento che riteniamo gravissimo è lo smantellamento del Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar), che è il circuito di accoglienza gestito dai Comuni e considerato un modello virtuoso che, per la realizzazione di progetti di accoglienza integrata, consente di accedere, nei limiti delle risorse disponibili, al Fondo nazionale per le politiche e i servizi in materia di asilo.
Con l’approvazione del decreto, questi servizi di accoglienza territoriale saranno limitati a chi è già titolare di protezione internazionale oppure ai minori non accompagnati. Coloro che invece sono in attesa di vedere definito il proprio “status” saranno invece trasferiti nei centri di accoglienza straordinaria (Cas), gestiti dai prefetti e non dalle amministrazioni locali, organizzati per gestire le emergenze e che prevedono standard di accoglienza più bassi e nessun obbligo di rendicontazione.
Negli Sprar le condizioni di vita sono dignitose e in quanto si tratta di centri di piccole dimensioni dal momento che i rifugiati possono essere soltanto tre ogni mille abitanti con una gestione che si è dimostrata sicuramente più semplice per i comuni e che ha consentito di evitare la concentrazione di persone nei grandi centri con la risoluzione delle tensioni sociali che qui si sono create.

Invece di potenziare il sistema di accoglienza diffusa gestito dai comuni che in questi anni hanno permesso percorsi di inclusione, si sceglie di rafforzare la logica emergenziale dei grandi centri che oltre a non garantire alcuna integrazione, spesso genera, a causa di controlli insufficienti, abusi e malversazioni.

Un altra misura che è stata criticata è quella che sposta i giorni limite entro i quali i gli stranieri possono essere trattenuti nei Centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr) da 90 a 180 giorni.
Inoltre il decreto prevede che gli stranieri richiedenti protezione internazionale possano essere trattenuti per un periodo di tempo fino a 30 giorni nei cosiddetti hotspot, centri di prima accoglienza per l'identificazione e lo smistamento dei migranti.

Quindi, una persona che giunge sul suolo Italiano può essere trattenuto 30 giorni negli Hotspot e 180 giorni nei Cpr. Una vita da reclusi senza aver compiuto nessun delitto!

Il decreto interviene inoltre in senso decisamente restrittivo sulla legislazione che regola il diritto di cittadinanza, consentendo che la domanda di acquisizione della cittadinanza possa essere rigettata anche se il richiedente è coniuge di un/una cittadino/a Italiano/a, raddoppiando da 2 a 4 anni il termine dei procedimenti amministrativi di riconoscimento della cittadinanza ed introducendo la possibilità che la cittadinanza venga revocata a seguito di condanne definitive per particolari tipi di reati. In questo caso non è importante valutare il tipo di reato, che può essere anche gravissimo, ma la disparità che verrebbe introdotta e che viola il principio costituzionale di uguaglianza in quanto per lo stesso reato un cittadino di nascita o adozione non si vedrà mai revocata la cittadinanza italiana.

sabato 26 gennaio 2019

27 Gennaio 2019: Origgio Democratica scende in pia Giorno della memoria




"Voi che vivete sicuri nelle vostre tiepide case, voi che trovate tornando a sera il cibo caldo e visi amici: Considerate se questo è un uomo, che lavora nel fango, che non conosce pace, che lotta per un pezzo di pane, che muore per un sì o per un no. ..."  
"Se questo è un uomo", Primo Levi, 1947

Il 27 gennaio 1945, le truppe dell'Armata Rossa entrarono nel campo di concentramento e sterminio di Auschwitz, liberando i pochi prigionieri superstiti. Per questo motivo, si celebra il Giorno della Memoria.
In questa importante ricorrenza internazionale che commemora le vittime dell’olocausto, Origgio Democratica coglie l’occasione per ribadire che si oppone con grande determinazione a tutti i rigurgiti neofascisti e agli episodi di razzismo e violenza che stanno percorrendo l’Italia e l'Europa nell’ultimo periodo e si auspica, per le generazioni future, che la libertà di pensiero e di parola, conquistata a caro prezzo di vite umane con la fine della guerra, ci consenta di gridare a gran voce che dobbiamo imparare dagli errori del passato perché gli stessi non siano mai più ripetuti!
A proposito di fascismi vecchi e nuovi: troppo facile ridurre il pensiero ad un semplice “non ci riguardano”. Troppo facile nascondersi dietro al menefreghismo di chi non se ne interessa o pensa che i problemi siano altri. Chi non si schiera è complice.

"Odio gli indifferenti. Credo che vivere vuol dire essere partigiani. Non possono esistere i solamente uomini, gli estranei alla città. Chi vive veramente non può non essere cittadino, e parteggiare. Indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti. L’indifferenza è il peso morto della storia".
“Contro gli indifferenti”, Antonio Gramsci, 1917

Crediamo che le parole "non ci riguardano" nascondano ben più del loro semplice significato; occorre opporsi a certe fazioni politiche che riaccendono vecchi ricordi sulla pelle di chi li ha vissuti e ne ha tramandato il dolore. Smascherare il fascismo e puntare il dito su ognuna delle sue nuove forme, ogni giorno e in tutte le occasioni, ci permette di ricordare che il fascismo in abiti civili è ancora intorno a noi.
La voce che sentiamo non è solo di semplici giovani esaltati ma è anche di uomini di governo senza memoria! Le loro idee non si esprimono solo attraverso vecchi e nuovi slogan, ma si traducono in violenza e istigazione alla violenza contro le fasce più deboli e disagiate della popolazione. Populisti, xenofobi, identitari ... i nuovi fascisti del terzo millennio fomentano l'odio razziale contro chi, ai loro occhi, è colpevole per l'attuale crisi economica. Quel mondo che per anni è stato confinato tra la cronaca nera e il folclore politico, a metà tra le risse di strada e lugubri manifesti, sta diventando un pericolo e va contrastato in ogni sua forma.
Ricordiamo a tal proposito alcuni recenti episodi di cronaca: a Danzica il sindaco Pawel Adamowicz, un europeista, democratico e umanista è stato assassinato. “Sono un europeo, fiero di Danzica, città aperta delle mie radici, non chiuderò mai la porta a chi crea, a chi lavora, a chi critica e a chi fugge dalle guerre”, era il suo motto.
Dopo Jo Cox, parlamentare britannica, un altro esponente politico, impegnato per i diritti umani e civili, ha perso la vita nell'esercizio delle proprie funzioni. Il vento gelido dell’odio spira in Europa. Un odio seminato dalla destra razzista, antieuropea, sovranista.
A Roma, un grave atto di violenza neofascista perpetrato contro un giornalista e un fotografo dell'Espresso. Una violenza indegna di uno Stato democratico, che non può accettare la presenza di gruppi politici neo - fascisti che si rifanno sfacciatamente al Ventennio.
Condanniamo duramente l’inqualificabile aggressione alle persone, alla libertà di stampa e di pensiero. Continueremo a denunciare qualsiasi deriva fascista e con la stessa forza condanniamo il trattamento discriminatorio e antidemocratico che l'Italia e l'Europa riservano ai migranti.
Oggi non è più tempo di tacere, è tempo di prendere una posizione perché ogni esitazione potrebbe mettere a rischio le grandi conquiste culturali del secondo dopoguerra. La cooperazione internazionale, la democrazia, l'integrazione, la tolleranza non possono essere valori negoziabili.
Noi di Origgio Democratica, riteniamo con convinzione che tutto ciò ci riguardi profondamente.
Lo dobbiamo a chi verrà dopo di noi!










venerdì 25 gennaio 2019

Maurizio Landini: un operaio alla guida della Cgil




Da Democratica  @democratica_web  · 24 gennaio 2019

Nato nel 1961 nel cuore dell’Emilia Rossa, ha sempre avuto in testa solo il sindacato. Nessuno, un anno e mezzo fa, avrebbe scommesso sul fatto che Susanna Camusso avrebbe proposto Maurizio Landini come suo successore alla guida della Cgil.

Un operaio alla guida della Cgil. Ecco come definire, in poche parole, Maurizio Landini, nuovo segretario generale del sindacato più importante e rappresentativo d’Italia, eletto dopo una corsa a due per la leadership che, fino all’ultimo minuto ha rischiato di spaccare la confederazione di Corso d’Italia. Quarto di cinque figli, Landini nasce in un paese dell’appennino reggiano, a Castelnuovo ne’ Monti, nel cuore dell’Emilia Rossa, il 7 agosto del 1961, da padre cantoniere e madre casalinga. Costretto a lasciare gli studi di geometra per contribuire al bilancio famigliare, trova lavoro in una cooperativa di Reggio Emilia.
A 15 anni comincia a lavorare come apprendista saldatore, a 57 si appresta a prendere il timone della Cgil.
Anche se un sogno nel cassetto era quello di fare il calciatore, appena quindicenne capisce subito quella che è la missione del sindacato “rappresentare le condizioni di chi lavora e non deve guardare in faccia nessuno”. Divenuto delegato sindacale della Fiom, a metà degli anni ottanta si impegna a tempo pieno nel sindacato, muovendo i primi passi sulla strada che poi lo porterà ai massimi vertici della federazione delle tute blu della Cgil.
Approdato nella segreteria nazionale, Landini è responsabile del settore degli elettrodomestici e di quello dei veicoli a due ruote. Conduce le trattative con Electrolux, Indesit Company e Piaggio. A questi incarichi si aggiunge quello di responsabile dell’Ufficio sindacale che lo ha portato a seguire a stretto contatto con l’allora Rinaldini, le trattative per il rinnovo del contratto dei metalmeccanici nel 2009. Il primo agosto del 2010, Landini diventa segretario generale della Fiom e lo sarà fino al 15 luglio del 2017.
Epocale è lo scontro con Sergio Marchionne, nella vertenza Fiat sul progetto ‘Fabbrica Italia’. Una battaglia, quella condotta dalla Fiom di Landini sugli stabilimenti di Pomigliano e Mirafiori, che segna anche una spaccatura all’interno del fronte sindacale con Fim e Uilm. Nel 2012, la Fiom si costituisce parte civile nella sentenza da lui definita «storica» che condanna i vertici della Thyssen Krupp a pene detentive per l’incidente sul lavoro nella fabbrica di Torino in cui perdono la vita sette operai.
Sono anni, quelli alla guida della Fiom, in cui Landini acquista una sempre maggiore popolarità anche grazie alla sue apparizioni televisive, in felpa o in camicia, ma mai con la cravatta. Anni in cui il sindacalista, che si muove su una linea di pragmatismo e conflitto sui principi, sembra assumere un ruolo più politico di riferimento della sinistra. In Cgil, è il leader della sinistra interna. Dopo un iniziale feeling con il segretario del Pd, Matteo Renzi, diventa il più tenace oppositore del Jobs Act.
I tempi sembrano maturi per un impegno in politica a tempo pieno. Sembra cosa fatta quando Landini nel 2015 lancia ‘Coalizione Sociale‘, un soggetto politico-sindacale che riceve l’appoggio di numerose personalità della sinistra, come Stefano Rodotà, Pancho Pardi, Valentino Parlato, Vittorio Agnoletto, Alfonso Gianni, Gino Strada. E, a causa di questo, i rapporti tra Landini e il numero uno della Cgil, Susanna Camusso, spesso tesi, subiscono un altro colpo. Camusso chiede, infatti, chiede a Landini di cancellare qualsiasi ambiguità nel rapporto con la politica.

Ma Landini più di una volta dice di non voler fondare un nuovo partito. In molti se lo aspettano. Ma non sarà così. Nel dna dell’ex operaio metalmeccanico c’e’ e rimane il sindacato. E il futuro gli riserva una nuova sfida, quella della segreteria generale, nonostante, fino a un anno e mezzo fa, nessuno avrebbe scommesso un euro sul fatto che Susanna Camusso avrebbe proposto Maurizio Landini come suo successore alla guida della Cgil.

lunedì 21 gennaio 2019

18/1/2019 Carlo Calenda: Manifesto per l'Europa


Un manifesto politico per una lista unitaria delle forze europeiste in chiave anti sovranista, da schierare alle prossime elezioni europee. L’idea è di Carlo Calenda, ex manager e ministro nei governi Renzi e Gentiloni, che l’ha trasformata in un appello da sottoscrivere nel sito www.siamoeuropei.it.:

"Siamo europei. Il destino dell'Europa è il destino dell'Italia" si legge nel Manifesto. 
"Per la prima volta dal dopoguerra esiste il rischio concreto di un'involuzione democratica nel cuore dell'Occidente. La battaglia per la democrazia è iniziata, si giocherà in Europa, e gli esiti non sono affatto scontati. L'obiettivo non è conservare l'Europa che c'è, ma rifondarla per riaffermare i valori dell'umanesimo democratico in un mondo profondamente diverso rispetto a quello che abbiamo vissuto negli ultimi trent'anni. Un mondo che affronta tre sfide cruciali: il radicale cambiamento del lavoro, e dunque dei rapporti economici e sociali, a causa di un'ulteriore accelerazione dell'innovazione tecnologica; il rischio ambientale e la necessaria costruzione di un modello di sviluppo legato alla sostenibilità; uno scenario internazionale più pericoloso e conflittuale. Le forze da mobilitare per la costruzione della nuova Europa sono quelle del progresso, delle competenze, della cultura, della scienza, del volontariato, del lavoro e della produzione..."

Numerosi sono gli esponenti del Pd che hanno aderito al Manifesto. Fra le adesioni, troviamo quella dell’ex ministro dell’Interno Marco Minniti, quella di Maurizio Martina (“ci sono!“), quella di Nicola Zingaretti e quella di Roberto Giachetti.

Per leggere il manifesto per esteso e aderire: https://www.siamoeuropei.it/

domenica 13 gennaio 2019

12/01/19 - 2000 banchetti in tutta Italia per dire NO alla manovra del governo



“Grazie a tutti. Grazie ai volontari, ai militanti, ai nostri parlamentari e dirigenti. Grazie per giornate come questa. Quello che abbiamo fatto oggi è quello che Il Pd deve essere, un partito che non ha paura di stare tra la gente, con le persone per strada. Di confrontarsi, di dedicare molto tempo ad ascoltare e a parlare ai cittadini, a spiegare le nostre ragioni e le nostre proposte.
Perché l’opposizione va fatta in parlamento ma anche e soprattutto portando nella società il dibattito politico.
Quello che abbiamo fatto oggi è quello che dobbiamo tornare a fare ogni giorno. Non più una mobilitazione straordinaria ma un comportamento da assumere come cultura, valore della nostra azione politica.
Lo dico ai candidati che ringrazio per essere stati accanto ai nostri iscritti e lo dico a tutta la nostra comunità: il congresso non sia un alibi per chiuderci nuovamente in una discussione tutta interna.
Il Pd deve continuare nelle prossime settimane, nei prossimi mesi a mettere in campo iniziative come questa, che esprimono e mostrano il meglio di noi: l’impegno dei volontari, la disponibilità dei gruppi dirigenti, la diffusione e lo studio delle nostre proposte, ma soprattutto la voglia e la capacità di saper stare per strada.Tutto questo ci appartiene. Ed è ora di dimostrarlo: nella guerra contro destre e populismo non si può più perdere un solo minuto.
Non lasciamo che questa giornata sia un fatto isolato. Rifacciamolo. Buon lavoro a tutti noi”.

Matteo Orfini
Presidente del PD