martedì 3 giugno 2008

ICI, mutui, fannulloni e pasti gratis

Dopo i primi provvedimenti del Governo Berlusconi, è possibile cominciare a valutarne l’attività. Comincerò da ciò che apprezziamo, a dimostrazione che la nostra opposizione non è ideologica ma puntuale sui singoli provvedimenti.
La stretta annunciata dal ministro Brunetta sui “fannulloni” nel pubblico impiego ci trova favorevoli al 100%. Del resto, lo scriveva già Pietro Ichino (Partito Democratico) due anni fa sulle pagine del Corriere e nel libro "I nullafacenti". Se il neo ministro Brunetta (PDL) promuoverà davvero meccanismi che premino il merito, non potremo che essere d’accordo con lui. Auspichiamo però che questa scelta rigorosa valga per tutti: per i dipendenti come per i professionisti; per gli studenti come per gli insegnanti; per i cittadini come, e soprattutto, per i politici.
Per quanto riguarda l’abolizione dell’ICI sulla prima casa, bisogna rendersi conto che, come dicono gli economisti, non esistono “pasti gratis”. Se le entrate comunali perdono le risorse che venivano dall’ICI, i Comuni dovranno o tagliare dei servizi o aumentare altre imposte. Un’altra possibilità è che aumentino i trasferimenti statali. Ma qui casca l’asino: l’ICI è considerata in tutto il mondo come la più efficiente ed equa imposta locale. I proprietari di casa pagano una imposta al Comune dove risiedono e come controprestazione hanno servizi quali la pulizia nelle strade, l’asfaltatura, l’illuminazione, il verde pubblico eccetera. L’ICI non si può facilmente evadere e più è grande (o di pregio) la casa, più si paga. Inoltre, i Comuni hanno la possibilità, se lo vogliono e se riescono, di esentare alcune categorie di persone o di scontare il tributo. I provvedimenti del Governo Prodi andavano in questa direzione: introdurre la possibilità di sconti implica responsabilità per i Comuni e quindi li spinge utilizzare meglio i soldi pubblici. Togliere il tributo e sostituirlo con trasferimenti statali elimina tale responsabilità e limita l’autonomia dei Comuni. Questo provvedimento ci porta indietro di quindici anni nella strada verso il federalismo fiscale.
Infine, la misura sui mutui è stata pericolosamente presenta come un risparmio per la famiglie. Bisogna chiarire che questo non è vero e chi afferma il falso o non ha capito il provvedimento o mente sapendo di mentire. Col provvedimento Tremonti, chi ha un mutuo a tasso variabile può trasformarlo in mutuo a tasso fisso, utilizzando il livello medio dei tassi del 2006 (più basso di quello attuale). La differenza tra i livelli di tassi variabili da qui alla scadenza del mutuo non sarà però regalata dalle banche o dal Governo ai cittadini, bensì verrà via via accumulata in un conto corrente, su cui tra l’altro matureranno interessi. Alla scadenza del mutuo, i cittadini cominceranno a pagare nuovamente per estinguere il debito accumulato negli anni su questo conto corrente. Quindi nessun risparmio, anzi: si pagheranno più soldi e più a lungo. L’unico elemento positivo è il “sollievo” per la rata più leggera ma certo non ci sono regali o risparmi. C’è un ulteriore elemento di gravità nel provvedimento. I provvedimenti Bersani (governo di centrosinistra) prevedono già la possibilità dei cittadini di rinegoziare i mutui con le banche o di trasportare il proprio mutuo ad un’altra banca in grado di offrire condizioni migliori. Il Governo avrebbe dovuto rendere più forte tale possibilità, che davvero poteva portare a risparmi non fittizi per i cittadini. Invece ha fatto il contrario: con la colpa aggiuntiva di non avere detto esattamente le cose come stanno. Invece di incentivare concorrenza e mercato per favorire i cittadini, il Governo ha preferito prendere accordi con le banche, che fanno ovviamente il loro interesse. Giudizio quindi estremamente negativo sul provvedimento in sé e sulla sua presentazione.
Paolo Balduzzi

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