USCIRE DAL PRESSAPOCHISMO DI COMODO.
La possibilità di partecipare al dibattito politico e alla determinazione delle scelte della pubblica amministrazione è destinata a diventare sempre più la discriminante tra un sistema istituzionale capace di comunicare con i cittadini e la definitiva frattura tra questi ultimi e la politica. Per questo anche in Lombardia si sta discutendo, con molte timidezze, di una possibile regolamentazione dei processi partecipativi. Se n’è parlato anche in un convegno, promosso dal gruppo consiliare regionale del PD, che ha visto il contributo, tra gli altri, di Fiorella De Cindio dell’Università degli Studi di Milano e di Fiorello Cortiana di Green Italia, oltre che la presentazione di alcune buone pratiche già attuate sul territorio.
Pare fondamentale, come ha sottolineato con chiarezza la De Cindio, avere al più presto una legge che regoli, sostenga e finanzi i processi partecipatici, ponendosi come obiettivo la possibilità di coinvolgere più cittadini possibile in questi processi. La pubblica amministrazione dovrebbe esplicitare il vincolo, ovvero il patto che è disponibile a siglare con i cittadini, sugli esiti delle consultazioni: capire fin da subito che fine faranno le idee elaborate non è un elemento secondario per promuovere una effettiva partecipazione che troverà negli strumenti informatici un complemento ormai inevitabile.
La partecipazione non può essere costruita attraverso eventi isolati, deve poter continuare e diventare strutturale, fino a diventare un processo naturale per qualsiasi iter decisionale dell’ente pubblico. Quest’ultimo deve essere disponibile a cedere una quota, seppur piccola, della propria sovranità per garantire un peso politico a quanto il processo partecipativo elabora e per far sì che la partecipazione non sia solo una buona intenzione, ma giunga a concreti risultati. Dal punto di vista pratico, è necessario costruire spazi che abilitino alla partecipazione, per i quali Internet è uno strumento di estensione e non di sostituzione: in un tempo in cui il rinchiudersi nel privato pare diventata una regola generale, individuare modalità accessibili di partecipazione non è affatto scontato.
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Pare fondamentale, come ha sottolineato con chiarezza la De Cindio, avere al più presto una legge che regoli, sostenga e finanzi i processi partecipatici, ponendosi come obiettivo la possibilità di coinvolgere più cittadini possibile in questi processi. La pubblica amministrazione dovrebbe esplicitare il vincolo, ovvero il patto che è disponibile a siglare con i cittadini, sugli esiti delle consultazioni: capire fin da subito che fine faranno le idee elaborate non è un elemento secondario per promuovere una effettiva partecipazione che troverà negli strumenti informatici un complemento ormai inevitabile.
La partecipazione non può essere costruita attraverso eventi isolati, deve poter continuare e diventare strutturale, fino a diventare un processo naturale per qualsiasi iter decisionale dell’ente pubblico. Quest’ultimo deve essere disponibile a cedere una quota, seppur piccola, della propria sovranità per garantire un peso politico a quanto il processo partecipativo elabora e per far sì che la partecipazione non sia solo una buona intenzione, ma giunga a concreti risultati. Dal punto di vista pratico, è necessario costruire spazi che abilitino alla partecipazione, per i quali Internet è uno strumento di estensione e non di sostituzione: in un tempo in cui il rinchiudersi nel privato pare diventata una regola generale, individuare modalità accessibili di partecipazione non è affatto scontato.
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