«Tutti
gli esseri umani nascono liberi ed uguali in dignità e diritti»: così
si legge nella Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948. Uscendo
dalla guerra vittoriosa sul razzismo nazifascista si volle inaugurare un'età
nuova con una affermazione risoluta dei diritti spettanti a tutti gli esseri
umani. Non che bastasse un documento solenne di volontà politica a cancellare
in radice le tante forme di privazione o limitazione della libertà; il
principio della naturale libertà di tutti gli esseri umani fu affermato dalla
classe dirigente di società schiaviste e ci fu bisogno di ben altro perché
quegli schiavi potessero diventare
uomini liberi. Non basta avere ereditato un diritto; bisogna lottare per
garantirsene il possesso, per estenderne la protezione. Il caso dell'Italia lo
dimostra. Qui, dopo la Liberazione, i padri costituenti fissarono in due punti
la regola del nuovo patto: l'articolo 2 affermò i diritti inviolabili delle
persone, come singoli e come associati. E il fondamentale articolo 3 impose il
compito di rimuovere gli ostacoli limitanti di fatto libertà e uguaglianza.
Punto d'incontro e di saldatura fu l'articolo 1
il lavoro, condizione e fondamento della democrazia italiana. Oggi tutto
è cambiato. Il nodo tra lavoro e diritti di libertà si è sciolto. Al posto del
lavoro come garanzia delle libertà democratiche troviamo tante forme di
schiavitù. Il lavoro che esiste non è più quello creato dalla rivoluzione
industriale.
Alle
tante forme particolari di produzione della ricchezza dell'economia
precapitalistica si sostituì un'idea del lavoro come termine onnicomprensivo,
gli individui avevano la possibilità di passare da un lavoro ad un altro con
facilità. Oggi non è più così: la rivoluzione finanziaria e quella elettronica
hanno cancellato il carattere collettivo del lavoro come fondamento
dell'organizzazione della società. Al suo posto si è instaurata una diversa
forma di produzione e un'iniqua distribuzione della ricchezza e del potere.
Sono risorte forme antiche di schiavitù e di sfruttamento - il lavoro dei
minori, la condizione di milioni di immigrati senza diritti di cittadinanza.
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